D.ssa Mariagrazia Fanciulli

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Il disturbo di panico (DAP) rientra nella categoria dei Disturbi d’Ansia ed è forse la manifestazione d’ansia piu’ nota e temuta nell’immaginario popolare.
Si manifesta come un’improvvisa ed inaspettata crisi d’ansia (tuttavia solitamente presente nell’individuo, sia pur a livelli piu’ moderati)  a rapida escalation.
Nello specifico, (DSM IV) parliamo di “episodio di attacco di panico” se entro 10 minuti si presentano 4 o piu’ dei seguenti sintomi fisici o mentali:

- tachicardia
- sensazione di asfissia o di soffocamento
- dolore o fastidio al petto
- sensazioni di sbandamento o di svenimento (es. debolezza alle gambe, vertigini, visione annebbiata)
- nausea
- sensazioni di torpore o di formicolio
- brividi di freddo o vampate di calore
- tremori o scosse
- bocca secca o nodo alla gola
- sudorazione accentuata
- sensazione di irrealtà (derealizzazione)
- sensazione di essere staccati da se stessi (depersonalizzazione)
- confusione mentale
- paura di perdere il controllo o di impazzire o di morire

Aver avuto un solo attacco di panico non significa “soffrire di disturbo di panico”: il singolo attacco di panico può manifestarsi in taluni periodi della nostra vita, particolarmente intensi e stressanti dal punto di vista emotivo. Diversa è la condizione di chi ha sviluppato un vero e proprio disturbo: non solo la presenza degli attacchi è ricorrente e inaspettata, ma la persona comincia anche a temere  che si verificherà un nuovo attacco, pertanto si predispone mentalmente a subire presto o tardi un’ennesima crisi di panico: la paura impone la sua presenza nella vita dell’individuo, le sensazioni provate durante il primo attacco di panico sono così spiacevoli da indurre nel soggetto il timore di riprovarle, per cui si sviluppa una “paura della paura” (ansia anticipatoria). E’ proprio a questo punto che la persona potrà cercare di mettere in atto dei comportamenti (“evitamenti” e “protezioni”) volti a prevenire il verificarsi di altri attacchi di panico: con gli “evitamenti” tenderà ad evitare le situazioni che teme possano provocarli (es.:non prendere piu’ la metropolitana, l’aereo, il treno, l’automobile; non frequentare luoghi chiusi o comunque non considerati sicuri poiché non facilmente raggiungibile una via d’uscita, come cinema, sedili posteriori dell’automobile, ecc.); con le “protezioni”    affronterà le situazioni temute soltanto dopo aver preso delle precauzioni (es.: tenere sotto controllo le uscite di sicurezza, portare sempre con sé farmaci ansiolitici, uscire solo se accompagnati da una persona di fiducia in grado di aiutarla in caso di pericolo, ecc). E’ quindi facilmente comprensibile quanto possa risultare compromessa ed invalidata la vita sociale, lavorativa e familiare della persona con disturbo da attacco di panico. Spesso, la riduzione dell’autonomia (conseguenza immediata dei comportamenti di evitamento e di protezione) peggiora la qualità della vita non solo di chi ha il disturbo ma anche dei parenti piu’ prossimi e a lungo andare l’autostima ferita potrebbe causare stati di prostrazione e  depressione  secondaria.


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